THE COCKPIT

ANALISI E COMMENTI
INTRODUZIONE A "THE COCKPIT"
LIBERTA' DI VIVERE E LIBERTA' DI MORIRE
ARMI SEGRETE AL CREPUSCOLO DEL TERZO REICH
VENTO DIVINO
DUE UOMINI UNITI NEL SANGUE E NELL'ACCIAIO
ALI DI ANGELO E MANI DI DIAVOLO

FIORI DI CILIEGIO NELLA TEMPESTA

IL TRAMONTO DEL SOGNO DI UNA GRANDE ASIA

FIORI DI CILIEGIO NELLA TEMPESTA

Nonostante il secondo episodio di THE COCKPIT narri forse uno dei momenti più terribili ed oscuri della guerra nel Pacifico, in cui la contrapposizione tra Giapponesi e Americani fu più netta, viene anche messa in luce una sostanziale identità, a livello umano, tra questi due popoli; un'uguaglianza che può senza problemi coinvolgere tutti gli uomini, di qualunque razza e nazione. Quest'uguaglianza si basa soprattutto sui sogni e i progetti per il futuro, spazzati via dalla guerra come fiori di ciliegio nella bufera.

Durante la breve pausa notturna, mentre sta conversando con l'equipaggio del bombardiere che il giorno seguente avrebbe dovuto trasportarlo verso la flotta nemica, Nogami confessa che, per ironia della sorte, se non ci fosse stata la guerra ora lui sarebbe stato un progettista di motori a reazione, come quelli montati sull'Ooka. Se solo lo avessero lasciato vivere per altri trent'anni e avesse potuto proseguire i suoi studi, avrebbe lanciato un razzo verso la Luna. Quello era il suo sogno. Yamaoka, il comandante del bombardiere, commenta tristemente che, se tutti i giovani che sono morti durante la guerra fossero vissuti per altri trent'anni, avrebbero fatto molte cose. Quest'affermazione è certamente rivolta a tutti i ragazzi morti in guerra, indipendentemente dal Paese di appartenenza. Per questo essa può tranquillamente essere rivolta anche ai soldati americani e fare da ponte con la scena successiva.

Subito dopo, infatti, la vicenda riprende a bordo della portaerei americana, e il discorso che stanno facendo i piloti degli F6 è del tutto simile a quello appena udito: nel compiangere un loro compagno caduto in battaglia, parlano anche del suo sogno di diventare il più grande fumettista del mondo. Lo sarebbe certamente diventato, afferma uno di loro, se solo avesse potuto vivere altri trent'anni. L'unica differenza tra i due discorsi sta nel fatto che, mentre i soldati americani stanno parlando di un uomo effettivamente morto, quello di Nogami è un pensiero che egli rivolge a se stesso, nella consapevolezza che domani sarebbe certamente stata la sua ultima battaglia. E' un uomo vivo che pensa alla propria morte imminente, e che già sa che non avrà mai il tempo di inseguire i propri sogni.

Inoltre, un'altra sostanziale differenza che emerge chiaramente dalle parole pronunciate dai soldati dei due eserciti sta nel tipo di morte che Nogami, contrariamente al soldato americano Robert Kirk, dovrà affrontare. Il tenente giapponese è infatti mandato a morire dai suoi stessi governanti, il suo sacrificio gli è imposto dall'esterno, e benché egli l'accetti con coraggio, forza e disperazione assieme, non può scegliere di morire combattendo in battaglia come tutti i soldati. Deve salire su di un aereo per sacrificare necessariamente la propria vita, perché così altri hanno deciso per lui: è l'unico modo che il Giappone ha potuto trovare per tentare di fiaccare il nemico e distruggere le sue navi.

Gli stessi soldati giapponesi si rendono conto della follia di una tattica di combattimento basata sugli attacchi suicidi, ma la fedeltà al Paese e al Governo, e il grande senso dell'Onore, impediscono loro di ribellarsi agli ordini ricevuti. Ciononostante, non possono fare a meno di chiedersi se sono diventati tutti pazzi, poiché stanno portando un uomo verso la morte e non possono farci nulla. La spiegazione che Yamaoka dà di questo tipo di tattica suicida è insieme semplice e terribile. Egli è certo che tutti moriranno prima o poi durante questa guerra e perciò, visto che si deve morire comunque, è stata inventata la tecnica del bombardamento umano. Lo consola solo il fatto che, se un giorno finalmente tutti saranno morti, non potranno esserci più guerre. Queste parole sottolineano ulteriormente, semmai ve ne fosse bisogno, l'universale follia del genere umano: non v'è una razza d'uomini migliore, tutti hanno nel cuore la stessa deleteria bellicosità, e solo quando il mondo sarà un immenso deserto allora ci sarà la certezza della pace. Indubbiamente, però, è una ben triste prospettiva. Di natura sostanzialmente simile sono anche i pensieri del capitano della portaerei americana: quando viene informato dell'esplosione della bomba atomica su Hiroshima, non può fare a meno di commentare: "Che follia... il nemico, noi... siamo tutti pazzi...".

La storia dell'Ooka fu però breve, come "...l'inferno in un incubo": utilizzato dai giapponesi nelle ultime fasi del conflitto, e soltanto in pochi esemplari, è ormai un'arma abbandonata e quasi dimenticata. Ma di tutta questa follia sopravvive ancora qualcosa: il missile intercontinentale dotato di testata nucleare: "...rimane avvolto nel sonno, fino al giorno in cui il mondo avrà bisogno di essere distrutto. Perché il mondo non ha un'anima". Così recita il narratore, a conclusione di tutta la storia.

L'episodio si chiude tristemente con due didascalie, tanto lapidarie quanto eloquenti, che annunciano la conquista della Luna da parte dell'uomo. Il sogno di Nogami è sopravvissuto alla sua morte, è cresciuto grazie ad altre menti, ad altre mani. Se fosse stato ancora vivo, forse anche il suo nome si sarebbe intrecciato a quello degli uomini che hanno permesso il raggiungimento di un simile traguardo. Penso che da quelle due brevi notazioni finali emerga anche tutto il rammarico e il dolore del Giappone per aver perso, per lungo tempo, assieme a tante preziose vite di giovani, anche la possibilità di conquistare il futuro e di realizzare i grandi, immortali sogni dell'umanità.

Nausicaa

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